La Biblioteca di Babele
(Jorge Luis Borges, 1941)
("Finzioni" - Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Franco Lucentini)
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Sullo sfondo "Studio
di divisione regolare del piano con rettili". Di fianco "San Pietro Roma"
entrambi di Maurits Cornelis Escher. Immagini prelevate dal sito http://www.nightgaunt.org/escher/escher.htm |
L'universo (che altri chiama la Biblioteca) si compone d'un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d'una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto corridoio che porta a un'altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l'altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s'inabissa e s'innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?) io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l'infinito... La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una traversa. La luce che emettono è insufficiente, incessante.
Come tutti gli uomini della Biblioteca, in gioventù io ho viaggiato; ho peregrinato in cerca di un libro, forse del catalogo dei cataloghi; ora che i miei occhi quasi non possono decifrare ciò che scrivo, mi preparo a morire a poche leghe dall'esagono in cui nacqui. Morto, non mancheranno mani pietose che mi gettino fuori della ringhiera; mia sepoltura sarà l'aria insondabile; il mio corpo affonderà lungamente e si corromperà e si dissolverà nel vento generato dalla caduta, che è infinta. Io affermo che la Biblioteca è interminabile. Gli idealisti argomentano che le sale esagonali sono una forma necessaria dello spazio assoluto o, per lo meno, della nostra intuizione dello spazio. Ragionano che è inconcepibile una sala triangolare o pentagonale. (I mistici pretendono di avere, nell'estasi, la rivelazione duna camera circolare con un gran libro circolare dalla costola continua, che fa il giro completo delle pareti; ma la loro testimonianza è sospetta; le loro parole, oscure. Questo libro ciclico è Dio.) Mi basti, per ora, "ripetere la sentenza classica: «La Biblioteca è una sfera il cui centro esatto è qualsiasi esagono, e la cui circonferenza è inaccessibile».
A ciascuna parete di ciascun esagono corrispondono cinque scaffali; ciascuno scaffale contiene trentadue libri di formato uniforme; ciascun libro è di quattrocentodieci pagine; ciascuna pagina, di quaranta righe; ciascuna una riga, di quaranta lettere di colore nero. Vi sono anche delle lettere sulla costola di ciascun libro; non, però, che indichino o prefigurino ciò che diranno le pagine. So che questa incoerenza, un tempo, parve misteriosa. Prima d'accennare alla soluzione (la cui scoperta, a prescindere dalle sue tragiche proiezioni, è forse il fatto capitale della storia) voglio rammentare alcuni assiomi.
Primo: La Biblioteca esiste ab aeterno. Di questa verità, il cui corollario immediato è l'eternità futura del mondo, nessuna mente ragionevole può dubitare. L'uomo, questo imperfetto bibliotecario, può essere opera caso o di demiurghi malevoli; l'universo, con la sua elegante dotazione di scaffali, di tomi enigmatici, di infaticabili scale per il viaggiatore e di latrine per il bibliotecario seduto, non può essere che l'opera di un dio. Per avvertire la distanza che c'è tra il divino e lumano, basta paragonare questi rozzi, tremuli simboli che La mia fallibile mano sgorbia sulla copertina dun libro, con le lettere organiche dellinterno: puntuali, delicate, nerissime, inimitabilmente simmetriche.
Secondo: Il numero dei simboli ortografici è di venticinque
(*). Questa constatazione permise, or sono tre secoli, di formulare una teoria generale della Biblioteca e di risolvere soddisfacentemente il problema che nessuna congettura aveva permesso di decifrare: la natura informe e caotica di quasi tutti i libri. Uno di questi, che mio padre vide in un esagono del circuito quindici novantaquattro, constava delle lettere M C V, perversamente ripetute dalla prima allultima riga. Un altro (molto consultato in questa zona) è un mero labirinto di lettere, ma lultima pagina dice Oh tempo le tue piramidi. E ormai risaputo: per una riga ragionevole, per una notizia corretta, vi sono leghe di insensate cacofonie, di farragini verbali e di incoerenze. (So duna regione barbarica i cui bibliotecari ripudiano la superstiziosa e vana abitudine di cercare un senso nei libri, e la paragonano a quella di cercare un senso nei sogni o nelle linee caotiche della mano... Ammettono che gli inventori della scrittura imitarono i venticinque simboli naturali, ma sostengono che questa applicazione è casuale, e che i libri non significano nulla di per sé. Questa affermazione, lo vedremo, non è del tutto erronea.)Per molto tempo si credette che questi libri impenetrabili corrispondessero a lingue preterite o remote. Ora, è vero che gli uomini più antichi, i primi bibliotecari, parlavano una lingua molto diversa da quella che noi parliamo oggi; è vero che poche miglia a destra la lingua è già dialettale, e novanta piani più sopra è incomprensibile. Tutto questo, lo ripeto, è vero, ma quattrocentodieci pagine di inalterabili M C V non possono corrispondere ad alcun idioma, per dialettale o rudimentale che sia. Alcuni insinuarono che ogni lettera poteva influire sulla seguente, e che il valore di M C V nella terza riga della pagina 71 non era lo stesso di quello che la medesima serie poteva avere in altra riga di altra pagina; ma questa vaga tesi non prosperò. Altri pensarono a una crittografia; questipotesi h stata universalmente accettata, ma non nel senso in cui la formularono i suoi inventori.
Cinquecento anni fa, il capo dun esagono superiore
(**) trovò un libro tanto confuso come gli altri, ma in cui verano quasi due pagine di scrittura omogenea, verosimilmente leggibile. Mostrò la sua scoperta a un decifratore ambulante, e questo gli disse che erano scritte in portoghese; altri gli dissero che erano scritte in yiddish. Poté infine stabilirsi, dopo ricerche che durarono quasi un secolo, che si trattava dun dialetto samoiedo-lituano del guaranì, con inflessioni di arabo classico. Si decifrò anche il contenuto: nozioni di analisi combinatoria, illustrate con esempi di permutazioni a ripetizione illimitata. Questi esempi permisero a un bibliotecario di genio di scoprire la legge fondamentale della Biblioteca. Questo pensatore osservò che tutti i libri, per diversi che fossero, constavano di elementi eguali: lo spazio, il punto, la virgola, le ventidue lettere dellalfabeto. Stabilì, inoltre, un fatto che tutti i viaggiatori hanno confermato: non vi sono, nella vasta Biblioteca, due soli libri identici. Da queste premesse incontrovertibili dedusse che Ia Biblioteca è totale, e che i suoi scaffali registrano tutte le possibili combinazioni del venticinque simboli ortografici (numero, anche se vastissimo, non infinito) cioè tutto cioè chè dato di esprimere, in tutte le lingue. Tutto: la storia minuziosa dellavvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della Biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo autentico, levangelo gnostico di Basilide, il commento di questo evangelo, il commento del commento di questo evangelo, il resoconto veridico della tua morte, Ia traduzione di ogni libro in tutte le lingue, le interpolazioni di ogni libro in tutti i libri.Quando si proclamò che la Biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima impressione fu di straordinaria felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto. Non vera problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse: in un qualche esagono. Luniverso era giustificato, luniverso attingeva bruscamente le dimensioni illimitate della speranza. A quel tempo si parlò molto delle Vendicazioni: libri di apologia e di profezia che giustificavano per sempre gli atti di ciascun uomo delluniverso e serbavano arcani prodigiosi per il sue futuro. Migliaia di ambiziosi abbandonarono il dolce esagono natale e si lanciarono su per le scale, spinti dal vano proposito di trovare la propria Vendicazione. Questi pellegrini saccapigliavano negli stretti corridoi, profferivano oscure minacce, si strangolavano per le scale divine, scagliavano I libri ingannevoli nei pozzi senza fondo, vi morivano essi Stessi, precipitativi dagli uomini di regioni remote. Molti impazzirono... Le Vendicazioni esistono (io ne ho viste due, che si riferiscono a persone da venire, e forse non immaginarie), ma quei ricercatori dimenticavano che la possibilità cheun uomo trovi la sua, o qualche perfida variante della sua, è sostanzialmente zero.
Anche si sperò, a quel tempo, nella spiegazione dei misteri fondamentali dellumanità: lorigine della Biblioteca e del tempo. E verosimile che di questi gravi misteri possa darsi una spiegazione in parole: se il linguaggio del filosofi non basta, la multiforme Biblioteca avrà prodotto essa stessa linaudito idioma necessario, e i vocabolari e la grammatica di questa lingua. Già da quattro secoli gli uomini affaticano gli esagoni.. Vi sono cercatori ufficiali, inquisitori. Li ho visti nellesercizio della loro funzione: arrivano sempre scoraggiati parlano di scale senza un gradino, dove per poco non sammazzarono; parlano di scale e di gallerie con il bibliotecario; ogni tanto, prendono il libro più vicino e lo sfogliano, in cerca di parole infami. Nessuno, visibilmente, saspetta di trovare nulla.
Alla speranza smodata, comè naturale, successe una eccessiva depressione. La certezza che un qualche scaffale dun qualche esagono celava libri preziosi e che questi libri preziosi erano inaccessibili, parve quasi intollerabile. Una setta blasfema suggerì che sinterrompessero le ricerche e che tutti gli uomini si dessero a mescolare lettere e simboli, fine a costruire, per un improbabile dono del caso, questi libri canonici. Le autorità si videro obbligate, a promulgare ordinanze severe. La setta sparì, ma nella mia fanciullezza ho visto vecchi uomini che lungamente soccultavano nelle latrine, con dischetti di metallo in un bossolo proibito, e debolmente rimediavano al divino disordine.
Altri, per contro, credettero che limportante fosse di sbarazzarsi delle opere inutili. Invadevano gli esagoni, esibivano credenziali non sempre false, sfogliavane stizzosamente un volume e condannavano scaffali interi: al loro furore igienico, ascetico, si deve linsensata distruzione di milioni di libri. Il loro nome è esecrato, ma chi si dispera per i "tesori" che la frenenesia di coloro distrusse, trascura due fatti evidenti. Primo: la Biblioteca è cosi enorme che ogni riduzione dorigine umana risulta infinitesima. Secondo: ogni esemplare è unico, insostituibile, ma (poiché Ia Biblioteca è totale) restano sempre varie centinaia di migliaia di facsimili imperfetti, cioè di opere che non differiscono che per una lettera o per una virgola. Contrariamente allopinione generale, credo dunque che le conseguenze delle depredazioni commesse dai Purificatori siano state esagerate a causa dellorrore che quei fanatici ispirarono. Li sospingeva lidea delirante di conquistare i libri dellEsagono Cremisi: libri di formato minore dei normali; onnipotenti, illustrati e magici.
Sappiamo anche dunaltra superstizione di quel tempo: quella dellUomo del Libro. In un certo scaffale dun certo esagono (ragionarono gli uomini) deve esistere un libro che sia la chiave e il compendio perfetto di tutti gli altri: un bibliotecario lha letto, ed è simile a un dio. Nel linguaggio di questa zona si conservano alcune tracce del culto di quel funzionario remoto. Molti peregrinarono in cerca di Lui, si spinsero invano nelle più lontane gallerie. Come localizzare il venerando esagono segreto che lospitava? Qualcuno propose un metodo regressivo: per localizzare il libro A, consultare previamente il libro B; per localizzare il libro B, consultare previamente il libro C; e cosi allinfinito In avventure come queste ho prodigato e consumato i miei anni.
Non mi sembra inverosimile che in un certo scaffale delluniverso esista un libro totale
(***); prego gli del ignoti che un uomo uno solo, e sia pure da migliaia danni! labbia trovato e labbia letto. Se lonore e la sapienza e la felicità non sono per me, che siano per altri. Che il cielo esista, anche se il mio posto è allinferno. Chio sia oltraggiato e annientato, ma che per un istante, in un essere, la Tua enorme Biblioteca si giustifichi.Affermano gli empi che il nonsenso è normale nella Biblioteca, e che il ragionevole (come anche lumile e semplice coerenza) è una quasi una miracolosa eccezione. Parlano (lo so) della "Biblioteca febbrile, i cui casuali volumi corrono il rischio incessante di mutansi in altri, e tutto affermano, negano e confondono come una divinità in delirio". Queste parole, che non solo denunciano il disordine, ma lo illustrano, testimoniano generalmente del pessimo gusto e della disperata ignoranza di chi le pronuncia. In realtà, la Biblioteca include tutte le strutture verbali, tutte le variazioni permesse dai venticinque simboli ortografici, ma non un solo nonsenso assoluto. Inutile osservarmi che il miglior volume dei molti esagoni che amministro sintitola Tuono pettinato, un altro Il crampo di gesso e un altro Axaxaxas mlo. Queste proposizioni, a prima vista incoerenti, sono indubbiamente suscettibili duna giustificazione crittografica o allegorica; questa giustificazione e verbale, e però, ex hypothesi, già figura nella Biblioteca. Non posso immaginare alcuna combinazione di caratteri
dhcmrlchtj
che la divina Biblioteca non abbia previsto, e che in alcuna delle sue lingue segrete non racchiuda un terribile significato. Nessuno può articolare una sillaba che non sia piena di tenerezze e di terrori; che non sia, in alcuno di quei linguaggi, il nome poderoso di un dio. Parlare è incorrere in tautologie. Questa epistola inutile e verbosa già esiste in uno del trenta volumi del cinque scaffali di uno degli innumerabili esagoni e cosi pure la sua confutazione. (Un numero n di lingue possibili usa lo stesso vocabolario; in alcune, il simbolo biblioteca ammette la definizione corretta di sistema duraturo e ubiquitario di gallerie esagonali, ma biblioteca sta qui per pane, o per piramide, o per qualsiasi altra cosa, e per altre cose stanno le sette parole che la definiscono. Tu, che mi leggi, sei sicuro dintendere la mia lingua?)
Lo scrivere metodico mi distrae dalla presente
condizione degli uomini, cui la certezza di ciò, che tutto sta scritto, annienta o
istupidisce. So di distretti in cui i giovani si prosternano dinanzi ai libri e ne baciano
con barbarie le pagine, ma non sanno decifrare non sola lettera. Le epidemie, le discordie
eretiche, le peregrinazioni che inevitabilmente degenerano in banditismo, hanno decimato
la popolazione. Credo di aver già accennato ai suicidi, ogni anno più frequenti.
Minganneranno, forse, la vecchiezza e il timore, ma sospetto che la specie umana
lunica stia per estinguersi, e che ha Biblioteca perdurerà:
illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi,
inutile, incorruttibile, segreta.
Aggiungo: infinita. Non introduco questaggettivo per unabitudine
retorica; dico che non è illogico pensare che il mondo sia infinito. Chi lo giudica
limitato, suppone che in qualche luogo remoto i corridoi e le scale e gli esagoni possano
inconcepibilmente cessare; ciò che è assurdo. Chi lo immagina senza limiti, dimentica
che e limitato il numero possibile dei libri. lo marrischio a insinuare questa
soluzione: La Biblioteca è illimitata e periodica. Se un eterno viaggiatore Ia
traversasse in una direzione qualsiasi, constaterebbe alla fine dei secoli che gli stessi
volumi si ripetono nello stesso disordine (che, ripetuto, sarebbe un ordine:
lOrdine). Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine
1941, Mar del Plata
* Il manoscritto originale non contiene cifre né maiuscole. La punteggiatura e limitata alla virgola e al punto. Questi due segni, lo spazio, e le ventidue lettere dellalfabeto, sono i venticinque simboli sufficienti che enumera lo sconosciuto. [Nota delleditore.]
** Prima, per ogni tre esagoni cera un uomo. Il suicidio e le malattie polmonari hanno distrutto questa proporzione. Fatto indicibilmente malinconico: a volte ho viaggiano molte notti per corridoi e scale pulite senza trovare un solo bibliotecario.*** Ripeto: perché un libro esista, basta che sia, possibile. Solo limpossibile è escluso. Per esempio: nessun libro è anche una scala, sebbene esistano sicuramente dei libri che discutono, che negano, che dimostrano questa possibilità, e altri la cui struttura corrisponde a quella duna scala.
**** Letizia Alvarez de Toledo ha osservato the la vasta Biblioteca e inutile; a rigore, basterebbe un solo volume, di formato comune stampato in corpo nove o in corpo dieci, e composto dun numero infinito di fogli infinitamente sottili. (Cavalieri, al principio del secolo xvii, affermò che ogni corpo solido è la sovrapposizione dun numero infinite di piani.) Il maneggio di questo serico vademecum non sarebbe comodo: ogni foglio apparente si sdoppierebbe in altri simili; Linconcepibile foglio centrale non avrebbe rovescio.HomePage OrsoCurioso Omaggi Pozzanghera Strada Biblioteca Sorrisi Cibo Link